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Energia dai sottoprodotti siderurgici: la ricerca di Acciaierie d’Italia e dell’Università di Bari

19/07/2022 

 

La ricerca, pubblicata su Nature e condotta dall’Università di Bari in collaborazione con il Dipartimento Ricerca e Sviluppo di Acciaierie d’Italia e il CNR, utilizza i sottoprodotti delle lavorazioni siderurgiche come catalizzatori di reazioni chimiche per la produzione di idrogeno e metanolo partendo da CO2 e acqua.

 

La siderurgia è forse il settore produttivo che più di ogni altro è determinante per la creazione di una vera e propria economia circolare. La natura stessa dell’acciaio, materiale riciclabile all’infinito, lo rende infatti cruciale per ogni strategia finalizzata alla sostenibilità non solo ambientale ma anche sociale ed economica.

Attualmente non tutti i materiali e i prodotti del ciclo integrale di produzione dell’acciaio contribuiscono però a questa circolarità. In particolare, l’attività di uno stabilimento come quello di Taranto produce una grande quantità di sottoprodotti di lavorazione, come le scorie il cui impiego è limitato alla protezione esterna dei processi siderurgici e che, nella maggior parte dei casi, una volta terminato il ciclo, è destinato all’utilizzo come inerte o al recupero ambientale.

La collaborazione con l’Università di Bari nasce verso la fine del 2019, quando i ricercatori del centro R&D di Acciaierie d’Italia, a partire dall’intuizione dei colleghi presenti nello stabilimento, si sono interrogati sulle modalità per valorizzare questi scarti. Inizialmente testati come materiale filtrante per le acque reflue, a seguito di analisi condotte in laboratorio, le scorie del siderurgico hanno evidenziato notevoli proprietà catalitiche grazie al contenuto di ferro e metalli, presente al loro interno.

Il gruppo ha così unito le forze con il Dipartimento di Chimica dell’Università di Bari con il quale è stato possibile pubblicare un primo articolo sulla rivista Catalyst che ne evidenziava le potenzialità per la produzione di carburanti: gli studi preliminari di laboratorio hanno infatti dimostrato come la scoria di acciaieria sia performante nei processi di catalisi eterogenea per la produzione di biodiesel a partire da scarti agroalimentari. Un ulteriore vantaggio derivante dall’applicazione di queste scorie come catalizzatori per la produzione di biodiesel, oltre alle ottime performance, è costituito dal fatto che questo sottoprodotto sarebbe in grado di sostituire sia il supporto di allumino-silicati del catalizzatore che il catalizzatore metallico stesso, evitandone quindi i processi di estrazione, lavorazione e sintesi, che hanno anche un impatto non indifferente in termini di emissioni, produzione di rifiuti e consumo delle risorse idriche ed energetiche, come i tradizionali semiconduttori.

Un obiettivo pienamente in linea con i principi dell’economia circolare sanciti dalla stessa Unione Europea, che invita a utilizzare, al posto di semiconduttori come l’ossido di Titanio (che spesso viene approvvigionato da zone di crisi), i materiali “non critici” dell’attività industriale.

Partendo da questi primi passi il progetto ha acquisito, nel corso degli ultimi due anni, un respiro ancora più ampio, finalizzato all’approfondimento delle potenzialità di queste scorie come catalizzatori per la produzione di combustibili più ricercati come metanolo e idrogeno.

L’articolo pubblicato recentemente su Nature – Scientific Reports rappresenta il punto d’arrivo della prima fase di sperimentazione: gli studi preliminari hanno infatti dimostrato che la scoria di acciaieria, in determinate condizioni, è in grado di convertire CO2 e acqua in prodotti ad elevato valore aggiunto come metanolo e acido formico (vettore dell’idrogeno più semplice e sicuro da gestire e stoccare) in un processo a due step che coinvolge reazioni fotochimiche e termiche. Grazie al contenuto di ferro e di altri metalli, la scoria permette la conversione di acido formico in idrogeno e metanolo.

Sebbene i processi siano ancora in fase sperimentale e di messa a punto in scala di laboratorio, l’attività è scientificamente rilevante e pionieristica, soprattutto perché coniuga le tematiche di valorizzazione della CO2 prodotta dallo stabilimento, di economia circolare e di produzione di idrogeno e combustibili green.

Il risultato fondamentale dal punto di vista di Acciaierie d’Italia è che un materiale di scarto può contribuire alla transizione energetica per la produzione di idrogeno, ma soprattutto può sostituire tutta una serie di minerali preziosi che oggi utilizziamo e acquistiamo come materie prime vergini (estratti dalle miniere con consumo di acqua e anidride carbonica) quando vengono prodotti già nei processi siderurgici.

La prossima fase, che vedrà partecipare i ricercatori di tutti gli enti coinvolti, prevede la creazione di un prototipo nell’arco dei prossimi 3-5 anni, per poi passare alla costruzione dell’impianto vero e proprio.

Il valore aggiunto di questo progetto è certamente rappresentato dalla collaborazione tra enti di ricerca pubblici e gruppi industriali come Acciaierie d’Italia, il cui patrimonio di competenze, esperienze e conoscenze può oggi essere ulteriormente valorizzato all’interno di una vera e propria alleanza, grazie alla quale la Regione Puglia diventa protagonista di uno dei progetti di economia circolare più avanzati a livello mondiale.

 

 

 

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