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L’acciaio, spina dorsale di una ripresa sostenibile

22/11/2021 

 

 

Si è tenuta a ottobre 2021 l’annuale assemblea di Federacciai, che ha visto i player di settore riunirsi alla Fiera di Milano per confrontarsi sulle prospettive e gli sviluppi della siderurgia italiana e internazionale dopo la difficile congiuntura dovuta alla pandemia.

Un incontro al quale hanno partecipato anche il Ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti e il Presidente di Confindustria Carlo Bonomi.

Nei primi 8 mesi del 2021 l’Italia ha prodotto 16,3 milioni di tonnellate di acciaio, con un incremento del 27% rispetto allo stesso periodo del 2020. Ancora più significativo è però il confronto con il 2019, con una crescita del 6,1% che ha permesso al settore di tornare ai livelli del 2018, un anno che, nel corso dell’assemblea, è stato spesso preso come punto di riferimento positivo per valutare l’andamento dell’industria.

Alessandro Banzato, Presidente di Federacciai, ha commentato questi dati sottolineando che “oggi ci troviamo di fronte a una congiuntura positiva: i primi segnali di ripresa c’erano già stati nella seconda parte del 2020 e la situazione è migliorata quest’anno con un’esplosione della domanda che ha trainato la crescita dei volumi a livello sia nazionale che internazionale”.

Un contesto che porta il settore a guardare con ottimismo al futuro di medio periodo. Come ha rimarcato Banzato, “quello che stiamo vivendo è un ciclo espansionistico su scala europea destinato a durare per qualche anno, un trend positivo che si rafforzerà ulteriormente soprattutto quando si tradurranno in cantieri e investimenti i fondi PNRR in Italia e negli altri Paesi europei".

Uno sguardo ai risultati del settore all’estero mostra come l’Italia sia tra i paesi con i tassi di crescita più alti: a fronte di una crescita globale del 10,6%: gli aumenti più significativi sono stati registrati in India (+25,6%), Brasile (+20,9%), Stati Uniti (+19,5%), Turchia (+16,7%) e Giappone (+17,0%). Nel 2020 la Cina ha prodotto 1 miliardo di tonnellate di acciaio, il 56,7% della produzione mondiale (1,878 miliardi).

Tra i punti principali del discorso del Presidente Banzato, un capitolo importante ha riguardato le discussioni sul cosiddetto “Fit for 55”, il nuovo progetto climatico del’UE che propone di raggiungere entro il 2030 la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 55% rispetto ai livelli del 1990. Una strada che il Presidente definisce indubbiamente giusta, ma che non può risolversi in una quantificazione “quasi ideologica” degli obiettivi: “la transizione energetica” ha sottolineato Banzato, “non sarà un pranzo di gala. Portarla avanti avrà un costo industriale e social molto elevato”. In un contesto nel quale l’Europa è responsabile per meno del 10% delle emissioni di Co2 complessive, “in assenza di una guida omogenea da parte dell’Unione Europea e di poderose misure di accompagnamento il rischio non è solo quello di mettere in crisi irreversibile il sistema industriale, ma anche quello di arrivare a forti tensioni sociali”. Il Presidente auspica, di conseguenza, una maggiore gradualità in questo processo, che “dia il tempo sia per sviluppare soluzioni tecniche e consolidarle che per adottare azioni di politica industriale ad hoc per sostenere e accompagnare le imprese nella transizione”.

Il terzo tema cruciale è stato quello della sostenibilità, evocato anche dal Presidente di Confindustria Carlo Bonomi, particolarmente sentito a un mese dal grande evento della COP26 che preannunciava accordi fondamentali per il settore siderurgico. È notizia dei primi giorni di novembre 2021 che 40 paesi hanno sottoscritto un accordo per un piano per produrre acciaio a basse emissioni, che ha visto tra i firmatari tutti i maggiori produttori mondiali Usa, Ue, Regno Unito, Cina e India.

Un accordo che può contribuire a risolvere una delle preoccupazioni di Federacciai, legata ai differenti regolamenti a cui sono sottoposte le aziende siderurgiche nei paesi emergenti. Il Presidente Banzato lo ha ricordato durante l’Assemblea: “è facilmente comprensibile che la tendenza in atto in Europa, il Green Deal, potrebbe generare asimmetrie competitive che, se non gestite in tempo, porterebbero alla sparizione della siderurgia continentale o alla progressiva delocalizzazione della stessa in aree del mondo soggette a meno vincoli”. Sono necessarie "misure di difesa e sostegno che consentano alla siderurgia europea non solo di sopravvivere, ma anche di mantenere quelle marginalità che occorrono per continuare a investire e raggiungere gli ambiziosi obiettivi dati.

“È il momento di una nuova azione politica industriale che accompagni, a condizioni competitive salvaguardate, gli ambiziosi obiettivi che la transizione energetica sta già ponendo", ha poi concluso il Presidente.

 

 

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